[In linea con il titolo del numero, traducibile come Né di Qui, Né di Là, leggerete questo numero che parla di Buenos Aires, del lasciarla, e di cosa rende casa casa in un mese nel quale passerò da Lisbona per il volo intercontinentale; poi da Barcellona a vedere le mie amiche, abbracciare le mie piante, salutare i gabbiani, fare un giro in bici fino al mare; un altro aereo per sorprendere mia madre, a Milano per Pasqua.
Ci potrebbero essere ancora un paio di numeri argentini, dopo questo, un po' perché non voglio pubblicare più di ogni due settimane e ammorbarvi, che siamo tutti un po’ pien3 di leggere cose, un po' perché a volte le esperienze forti le capisci meglio una volta che sono finite.
Comunque, alla fine che importa, se c'è identità geografica tra dove si trova chi scrive, e di dove scrive?]
E poi, volevo ringraziare
per le parole puccissime per il sottopodcast-fanzine Il Tinello di Perpignan nel suo numero della newsletter… Invidiosa! Nel primo numero del Tinello, La Terra dei Rosiconi, ho infatti conversato di invidia con , e Angela, che ne scrive nella sua newsletter, ha apprezzato molto ed è stata così cuora da dircelo. Ve lo linko, se ve lo siete perso.(Oh arriva presto, un altro Tinello. E’ che questo mese ho viaggiato assai, e se mi shakeri troppo, non riesco a fare una ceppa oltre che l'operativo del lavoro e con fatica. Soprattutto i podcast! Non ho la stoffa della nomade digitale)
In questo numero:
Cosa rende casa-casa una casa, nel senso di una home o di un hogar, non nel senso fisico? Cosa rende un posto uno chez moi?
I libri del mese: da e nello spazio, e da New York all’Afghanistan
Un documentario su un caso che forse vi eravate dimenticate, che ci mette nuovamente davanti all’occasionale accuratezza dello slogan veterofemminista Guardati A Vista Dal Maschio Femminista. E siccome la memoria è un compito, ricordiamoci insieme di Marie e di Kristina
Fuori da qui: perché lavoro come lavoro, la mia newsletter in inglese; programmi di language coaching; link di cazzeggio vari
Una poesia lampo, per fa fatica a creare senza che gli importi l’applauso (anche qui su Substack, dove ci spingono sempre di più nella dinamica demmerda dei social. Non guardate mai ai numeri, se volete essere felici. Consiglio della mia ex prof Lola, che non ho mai smesso di seguire)
Tempo di lettura: 11 minuti circa, manifesto e logistica esclusi.
Saltare i pezzi o leggere in disordine o a puntate è cosa buona, giusta, e cervello-friendly.
Spezzettate, andate, tornate. Liberamente.
Catrame fa quello che le pare. E voi con lei.
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1. Il mio tempo in Argentina è agli sgoccioli
E io sono più confusa che mai su cosa sia casa
Durante la puntata di CatramePod con
, dopo aver parlato di libri, eravamo anche finite a parlare di amore interculturale, dicendoci che dovremmo fare un episodio di podcast-tavola rotonda sul tema.Un’altra tavola rotonda che potrei fare, con lei, è quella che riguarda l’idea di cosa sia casa, che per me, più vado avanti, e più diventa nebuloso.
Casa sono tutte le città dove ho vissuto, chi più chi meno: Milano, Istanbul, Vienna, Bangkok.
Io a Buenos Aires finora non consideravo di averci vissuto: non ho mai dovuto cercare casa, non ho dovuto cercare lavoro, non ho dovuto arrivare senza contatti e costruire qualcosa, perché non ci sono mai venuta da sola, e perché sapevo sempre che sarei rimasta per periodi brevi. Non ci sono mai stati quei marcatori di vita reale che ti dicono che non sei di passaggio, ma che ti stai stabilendo da qualche parte, che resterai.
Eppure… Eppure sta succedendo questa cosa che chi ha multiple case, multiple identità, multiple appartenenze, ovunque esse siano, capirà molto bene:
Sono contenta di tornare a casa mia (a Barcellona, dove ho casa mia-mia), ma allo stesso tempo mi sembra di stare comunque lasciando casa,
qui a Buenos Aires, in questo quartiere di acqua e fiori, dove anche se se me lo chiedi ti dico che no, non ho ancora amiche mie, in realtà mi rendo conto che sì. Sì, ci sono alcune persone che mi dispiace lasciare, e che spero possano tornare a trovarmi presto a Barcellona. Come a Bangkok, tutto è reso più intenso dal fatto che un volo può costare anche mille euro, quindi non è ovvio quando ci si rivedrà, e no, non puoi farti un weekend insieme tanto per.
E mi rendo anche conto che due mesi qui, tre mesi là, in vari soggiorni, ormai sono a otto mesi vissuti qui, che per creare un rapporto emotivo con una città bastano eccome.

Julio Cortázar diceva che “le parole non bastano mai quando quello che bisogna dire trabocca l'anima”: io sto un po’ così, nel senso che non ho chiaro quello che sto sentendo, all’idea di andare via.
So che è molto diverso da due anni fa. So che c’è molta più malinconia nell’andare (nel tornare?), anche se sto andando verso casa, verso la primavera europea, verso l’amica ancora giornalista a Bangkok che viene in Europa per l’estate e forse ci vediamo, in Francia o in Spagna, verso magari un viaggio finalmente più di esplorazione, forse un weekend a Marsiglia.
Credo che quello che sta avvenendo sia l’essermi resa conto che Buenos Aires sta diventando casa: un posto dove hai quartieri che ami e quartieri che no, dove non ti serve sempre google maps per orientarti, dove leggi il libro sotto una coperta con un gatto, incurante della FOMO, dove bevi dal tuo mate la mattina finendo di svegliarti, guardando lo stato del cielo tra i rami del patio; dove hai persone che hai piacere di vedere e che ce l’hanno a vedere te; dove partecipi alla vita sociale e politica per quanto possibile; dove i baristi ti riconoscono perché fai cose tipo registrare i podcast nel loro bar e pagare con le banconote stropicciate perché non hai nessuna app di quelle che usano le persone normali qui perché sei straniera ma non residente, e non hai accesso al sistema bancario chiuso di qui; dove hai una gelateria favorita, una pizzeria preferita, dove quelli del tuo cinema d’essai amatissimo sanno chi sei, ti salutano quando arrivi e ti chiamano la Tana, l’ArgenTana, l’italiana, quella che tempesta di domande registi e sceneggiatori ospiti, che ha inseguito il coordinatore del cinema per dirgli, scusa, ma la prossima volta che torno lo organizziamo insieme, un ciclo di film sulle migrazioni?; quella che si è adduciata i veterani della guerra delle Malvinas e il fotogiornalista con cui presentavano un documentario con mille osservazioni su censura, immagini, e sul lavoro dei fotografi embedded.
In breve, la città non la stai sfiorando come si fa in viaggio, ma la stai vivendo, ascoltando, accarezzando, stai costruendo un rapporto con lei.
E quel rapporto, siccome ora lavori online, non passa più dal lavoro (devo riflettere tantissimo su questo punto perché mi disorienta), ma in qualche modo si viene a creare lo stesso, specialmente perché frequenti unicamente persone argentine, cresciute in questa città. Non vivi in una zona trendy ad alta densità di nomadi digitali.
Per fortuna.
[Perché per fortuna: codesti nomadi digitali stanno infatti, a grappolo, tutti negli stessi tre quartieri, e non credo vadano alle marce antigovernative, o ad ascoltare le storie dei veterani dimenticati da tutt3. Spesso sono nordamericani, iper liberisti e classisti, e non vedono errori nelle politiche di Milei. Gli dèi mi tengano lontana da questa gente]
Niente, quest’è. Più chiaro di così non mi viene. Spero che si sia più o meno capito quello che sto cercando di condividere con voi.
E comunque, che privilegio, che regalo, che meraviglia, potersi sentire a casa, accettata, e inclusa, dall'altra parte del mondo.
Se avete voglia di raccontarmi, per voi, cosa rende casa CASA, nei commenti o rispondendomi, sono in ascolto. Per me è un tema fortissimo.
Manifesto
Due volte al mese, il mio obiettivo è aiutarvi ad aumentare la diversità culturale presente nelle vostre vite.
È un modo diverso e gioioso di fare politica.
Se il diverso lo ascolti, lo conosci, lo leggi, tenti di capirlo, da una posizione di apertura e curiosità, apprendendo dai e dei modi altrui di stare al mondo, è più difficile essere chiusi e bigotti. E non per forza questa apertura la si deve cercare attraverso il viaggio, che non è alla portata di tutti.
La cultura può permettere di aprirsi anche a chi non può o non vuole muoversi.
Se volete sostenere Catrame, dare valore al tempo che prendo per pensare, scrivere le mail e registrare gli episodi per qui e per Spotify, o aiutarmi a pagare gli abbonamenti che pago per leggere e selezionare cose per voi, potete farlo in 3 modi:
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condividere Catrame con chi potrà amarlo, lasciandomi 5 stellette o accendendo la campanellina su Spotify (per aiutare la diffusione del pod) cuoricini sulla Substack app (per aiutare la mia produzione di dopamina) rispondendo alle mie mail (per palesarvi e farmi sentire che non sto parlando da sola: a volte con le newsletter può esserci questa sensazione, al contrario che sui social)
sostenere il mio lavoro su Catrame e CatramePod in modo costante e prevedibile con una donazione ricorrente, senza che metta paywall per nessuno, perché l’Omino del Cervello ed io crediamo nella cultura accessibile. Potete unirvi alle mie moschettiere, Enrica, Marianna, Mavi, Chiara e Sonia, e sostenere Catrame con una donazione mensile, trimestrale, o annuale.
Oltre che aiutare materialmente, sapere che Catrame vi nutre abbastanza da volervene prendere cura regolarmente ci fa sentire davvero cuorati, sia a me che a Catrame. Grazie.
Caterina F. e Benedetta G.: grazie mille per il vostro supporto dopo l'ultimo Angry Catrame 🧿 ! Mi ci sono comprata un po' di olio CBD per gestire Weltschmerz e incazzatura 😅

2. I libri del mese
Orbital, di Samantha Harvey, NN Editore. (Eh oh, raga, di nuovo NN, lo so, che vi devo dire, li amo, vi ho già detto che non mi corrompono, mi capiscono soltanto.) Avete visto, no, la onda di incazzatura e frustrazione per lo stato del mondo che mi affligge. Bene. Questo libro, nonostante l’aria malinconica che lo ammanta… E’ stranamente calmante. Ipnotico. Forse per quella cosa che diceva mille anni fa un amico di Vienna che studiava astronomia: che quando guardi all’infinito, relativizza quello che c’è sulla terra che ti fa stare male. Io ho letto molto di questo libro nelle mie notti insonni qui, alle 5 del mattino, alle 6, con la città silenziosa intorno, e la luce blu di quando si passa dalla notte al giorno… Non è un libro. E’ un’esperienza. Anche se non siete fan della fantascienza, dategli una chance. Merita. La mia amica Simona che lo ha letto con me nel nostro book club privato a due l’ha amato meno di me, inizialmente, dicendo che secondo lei è un libro da piccole dosi, poi però le è piaciuto. A me, invece, sembra esattamente un libro da leggere in immersione per allontanarvi anche voi da tutto: le guerre, il dolore, la paura dei tempi che viviamo. Per dire quanto è personale l’esperienza di lettura.
Il consiglio d’archivio è The Reluctant Fundamentalist, Il Fondamentalista Riluttante di Mohsin Hamid, Einaudi. Siamo nel 2001: Changez è pakistano, e vive negli Stati Uniti, dove vive l’American Dream al servizio della finanza di Wall Street. Poi però, c’è l’Undici Settembre, gli Stati Uniti invadono l’Afghanistan, e tutto, tutto cambia, per un pakistano che negli USA della War on Terror viene ovviamente visto come semplicemente un arabo qualunque (peccato che i pakistani arabi non siano, ma figurati se interessava a qualcuno dei neocon fan di Bush, Rumsfeld e Cheney.) Io me lo ricordo come un libro ottimo, e come ogni volta che spulcio le mie vecchie letture per passarvene una, mi viene voglia di rileggere il libro in questione. Intanto, vi lascio una review del Guardian, in inglese.
3. Quando hai vent'anni e passi da beh, ma da questo me farei fare la qualunque, a, ma a questo lo corcherei male, nello spazio di pochi giorni
Storia di un femminicida
Iniziamo con la diplomazia che mi contraddistingue quando un tema mi tocca particolarmente, soprattutto negli ultimi tempi: Bertrand Cantat boia.
Se vi stiate chiedendo chi sia questo Cantat, beh, era il cantante dei Noir Désir, quelli di quella bella canzone che non vi linko per non dare nemmeno 0,000001 centesimi di euro a BertrandCoso su Spotify, Le Vent Nous Portera.
Bertrand Cantat è la persona di cui si parla in questo documentario Netflix, che mi sono sparata in una sola sera. Credo sia stato il primo femminicidio che mi ha toccato forte, accaduto quando avevo ventun anni. Qui un articolo in francese sulla serie, che non riguarda solo Marie Trintigant e Bertrand Cantat, ma anche Kristina Rady, la prima moglie di Cantat, che lo difese nel secondo processo… E che finì suicida anni dopo, secondo molti per la gelosia e le manie di controllo su di lei da parte di Cantat.
Che dire. Femminicidio era una parola che non esisteva all’epoca, ma esistevano i fatti, e come vedrete, esisteva già tutta quella narrazione del cazzo che vediamo sui giornali, sempre: il gigante buono, il morire d’amore, l’omicidio passionale. Quella narrazione di cui siamo piene, quella che uccide due volte le nostre compagne, amiche, sorelle, ecco, io credo sia vecchia quanto lo sono i media.
Due donne sono morte, sei persone sono rimaste orfane, quattro genitori hanno perso due figlie, degli ex mariti e papà hanno perso una donna con cui ancora andavano d'accordo e con cui stavano crescendo dei figli, un uomo ha perso una donna di cui si stava innamorando, ma che non era libera di vivere.
Bertrand Cantat è vivo, libero, non particolarmente riabilitato vista la fine di Kristina Rady, e idolatrato da tutti. Sulla copertina des Inrockuptibles, il famoso periodico di musica d'oltralpe.
Se questa è giustizia.
4. Mondo reale: cosa faccio per mangiare, e come il mio mangiare può aiutare voi
Il mio progetto di coaching linguistico è nato non per giocare alla nomade digitale, ma perché le scuole di lingue sottopagano e maltrattano chi insegna, sottopagandoci e negandoci pure un minimo di libertà metodologica. Ho deciso di cambiare modalità di lavoro per avere autonomia decisionale e didattica al 100%, e per non essere più sfruttata. Certezze sempre zero, ma posso fare il mio lavoro in primis come serve davvero a chi mi sceglie, e poi come piace a me, lasciando spazio anche alle clienti per cui scrivo, poche ma buone, e soprattutto alla mia vita creativa.
Se a te, o a qualcuno che conosci, può servire un po’ di Neurolanguage Coaching per usare finalmente bene l’inglese efficacemente, senza sbatti, in un luogo sicuro dove non ti sudano i palmi delle mani perché devi performare, fare un po’ di coaching linguistico con me potrebbe fare al caso tuo (o loro). Tête-à-tête, tu ed io, lavorando a quel che ri serve davvero. Sarai tu a decidere tutto, col mio aiuto. Parliamo? Completa questa form per parlare venti minuti circa: tu mi dici che ti serve, io ti dico come lavoro, e vediamo come ci sentiamo a chiacchierare. Nessuno vende niente a nessuno, senza pressione o impegno.
Budget ridotto? Ho uno spazio pure per aiutare te, perché la cultura deve essere accessibile. Si chiama The Joy Luck Café, e siamo pres3 benissimo. Vieni?
Due volte al mese insieme non ti bastano? Leggi gratis The Mindful Speaker, la mia newsletter in inglese per chi legge benissimo, ma che vuole pure trovare la propria voce in inglese. Due mail e due citazioni al mese per farvi riflettere, in attesa del mio podcast in inglese! Se usi LinkedIn, qui, qui, e qui parlo di come funziona il coaching linguistico. Il mio Instagram di cazzeggio multilingue è @migrabonda. Se usi la app di Substack, possiamo seguirci anche su Notes.
Le mie interviste su lingue e viaggio da sola in inglese, francese e italiano, qui
È la prima mail che ricevi? Qui trovi l’archivio di tutte le altre :)

5 Una poesia breve
Per chiunque abbia anche un grammo di ansia da performance
Sto ancora
Imparando
Ad amare
Le parti di me
Per le quali nessuno
Applaude.
E anche per sto giro, abbiamo finito.
Vi mando un abbraccio grande. A tra due settimane.
Come sempre, grazie di esserci 🧿
Pao
Ecco, le parole patio e amaca fanno fare un respiro più largo solo a leggerle 😌.
Ho iniziato anch'io a leggere "Orbital" e ho la stessa sensazione che descrivi tu: di vivere un'esperienza. Ti dirò di più non appena lo finisco.
Grazie per questa splendida immersione argentina, Paola.
Ay, l'eterno procedere tra le nostre case in giro per il mondo! Se le persone contengono moltitudini, di certo posso contenere più case, un pensiero molto liberatorio 💚