Se una notte d'inverno una donna in volo
Di stelle, di ricami, di bestie nere e vecchie pietre
Ho scritto tutta la parte cicciosa di questo numero in una notte insonne in aereo sopra l’India, come tanto Catrame, in effetti, che nasce quando dovrei dormire.
Marzullo sarebbe fiero di me e dei miei sogni fuori orario.
Come già detto nell’ultimo numero, ma lo ridico in caso non lo avessi letto, per il viaggio ho anche aperto un canale Telegram, Asfalti d’Asia, ancora meno serio di Catrame.
Tu come stai?
Io sto finendo di scrivere a Penang, che è decisamente il mio luogo preferito della Malaysia.
Questo post lo pianifico ora, perché non so tanto bene dove sarò tra una settimana.
Forse a prendere un autobus per Hat Yai, nel sud della Thailandia, per cominciare la lunga traversata fino a Bangkok, dove tornerò a stare nella mia vecchia casa, per una decina di giorni se non di più. Così, per buttare via metà del mio timbro thai a zonzo per Bangkok (il fatto è che se sei un ratto cittadino come me e Martín, e sai dove andare, Bangkok è un posto super interessante. Soprattutto se non ci vivi più, e puoi prendere solo il bello.)
Questo mese:
Pensieri da un volo di notte
Le vecchie pietre e i fantasmi benevoli
Consigli del mese e una lettura recente
Consiglio di archivio dalla Thailandia
Una cosa inquietante da guardare
Logistica e cuoricini
Il sommario serve a farvi saltare meglio le parti che non vi interessano. Io lo faccio con i pezzi lunghi.
1. Volo di notte
Io, in tutto il mio viaggiare, non sono mai stata in India.
E’ sempre successo qualcosa, quando ci ero quasi.
Però, l'ho vista spesso dall’alto, di notte.
L'India rurale, dopo anni passati a sorvolarla di notte, più di tutto il resto me la immagino come buia.
Quando vai in sudest asiatico, almeno per me è sempre stato così, arriva quell'ora mentre sei in aereo in cui attraversi questo mastodonte, di notte, e la terra sembra quasi un riflesso del cielo.
Nelle notti come stanotte, limpide e chiare, soprattutto da qui sopra a 10,000m di altitudine dove fa -34C stando ai dati del volo, le stelle si vedono grandi e chiare.
E sotto, il buio pesto, punteggiato da quelli che immagino siano minuscoli paeselli, con pochissima luce elettrica, i cani liberi nella notte, e un caldo della madonna.
Visto da sopra, vedi solo il nero, con queste lucine flebili.
Mi ricordano ogni volta il vestito della mia Barbie preferita, di quando ero bambina.
Ne avevo solo due in realtà, una vestita da ballerina e quest'altra con un abito da gala, in tulle e velluto blu notte con minuscoli brillantini argentati.
L'India rurale, vista da sopra, sembra un ricamo.
Poi, da lontano a volte vedi le esplosioni di luce di Hyderabad, Bangalore, Chennai -- le città a cui passi più vicino quando stai andando a Bangkok, o a Kuala Lumpur, e lì ti ricordi dell'India diurna e urbana.
Quella vera, non quella dei tuoi sogni di dormiveglia.
Quella in mano al BJP, quella di Narendra Modi, delle aziende tech, di Bollywood, delle grandi metropoli, delle moltitudini, delle pire funerarie, e di tutte le cose belle, brutte e medie che leggi sui giornali, quelle dell'India che fa notizia. Che esiste davvero.
Quando passo sopra all'India buia e quieta, da lontano,
quella di cui mi ha sempre parlato il mio ex Michael, e che io non ho ancora visto e che mai vedrò come la vide lui vent'anni fa, quella dove tutto si spegne alle dieci di sera, dove la gente ti chiede perché esci dopo cena, se lo fai, e dove lui è diventato campione di mille giochi di carte perché vent'anni fa non c'era mica internet mobile a distrarci o intrattenerci, penso sempre che per quanto una possa viaggiare per vedere di prima mano, e leggere ascoltare guardare per imparare da lontano e aver un'idea di un luogo,
In realtà,
La verità è che non sappiamo mai niente.
E questa è una bellissima notizia, perché finché ci sono cose da scoprire e conoscere, non necessariamente da capire, c'è qualcosa che può nutrire la nostra curiosità.
E la curiosità spinge a fare una vita che rende cuore, cervello e anima felici.
Questo viaggio non sarebbe accaduto, senza la curiosità di Martín a spingere. La mia era narcotizzata dal lavoro e dal mettere in piedi un progetto da autonoma da zero.
Per fortuna che c’era, la curiosità di Martín.
Voi, se amate viaggiare, ce l'avete, un paese-bestia sacra che volete vedere da anni ma dove non arrivate mai perché capita sempre qualcosa?
Per me, è l'India, da vent'anni ormai.
Per anni lo era stato l'Iran, dove sono riuscita finalmente ad andare nel 2019;
Lo sarà per sempre la Siria, perché nel 2008 mi rifiutarono il visto, e da allora, oltre al danno umanitario c'è stato anche quello archeologico e culturale: quello che io volevo vedere, semplicemente non esiste più, o ne restano poche tracce.
Incidentalmente, la Siria rimarrà anche la bestia nera di Martín, la cui famiglia arriva da Damasco, e che sogna di vedere Damasco da decenni…
E non ce l’ha ancora fatta, nemmeno lui.
2. Le vecchie pietre parlano. Tu le sai ascoltare?
Io amo molto le vecchie pietre.
È una cosa che mi è rimasta dall'infanzia con mio padre.
Viaggiavamo, mia madre non veniva con noi a camminare per siti archeologici perché non amava il caldo e nemmeno i terreni accidentati, quindi andavamo noi da soli.
E’ febbraio, e probabilmente dove sei tu fa freddo.
Quindi, chiudi un attimo gli occhi e immagina:
vecchie pietre: greche, romane, etrusche, fenicie. Caldazza. Cicale. Frinio.
Bello, eh?
Mio padre era un amante della storia e un chiacchierone — si inventava storie meravigliose sulle ipotetiche persone che potevano aver vissuto lì. E mi faceva domande che creavano empatia.
Cosa mangiavano, come passavano il tempo?
Come giocavano le bambine come te?
Da quando ero bambina, quindi, le vecchie pietre (cit. di un amico lontano) sono una tappa obbligata ovunque vada, e in realtà non mi serve nemmeno tanto contesto per godermele.
La storia, tanto, con alcune eccezioni, racconta di guerre e statisti.
A me piace, invece, trovarmi nel mezzo di un sito archeologico e mettermi in un cantuccio, respirare e immaginare come doveva essere,
La vita di queste persone che erano l'equivalente greco, romano, fenicio, etrusco delle persone che vivono nei paeselli dell'India che vedo da sopra la notte.
Già che siamo qui a parlare di vecchie pietre,
Vi dico i luoghi che mi hanno più affascinato nel corso degli anni.
Alcuni sono molto ovvi.
Angkor Wat, Cambogia. Manco da oltre dieci anni e per me resta imbattuto. A qualunque ora del giorno, ma soprattutto all'alba e al crepuscolo. È un posto incantevole, in un paese che ha sofferto un casino, purtroppo. Andate ai templi periferici… non c'è mai nessuno.
Pompei. Ci sono tornata circa cinque anni fa e sentivo forte la presenza e le vite di chi ha vissuto quella città. Ho visto un papà solo con una bambina bionda coi riccioli, ho camminato non lontano da loro per un po' ed è stato guardarmi allo specchio. Anche se loro parlavano francese.
L'Appia antica. Ci sono stata da adolescente musona. E mi aveva levato il muso dalla faccia. Che posto.
Le rovine gesuite che punteggiano molto nord ovest argentino, ma le mie prime sono state vicino ad Asunción, Paraguay. Nel sito archeologico intero, c'eravamo solo il mio ex Michael, io ed una ragazza americana, perché chi cazzarola andava in Paraguay dodici anni fa (noi, a vedere un amico couchsurfer.) Mi ricordo che avevo pensato, e sentito, e immaginato, e pensato, molto riguardo a due mondi che sono andati in collisione, quello dei monaci e quello dei guaraní che vivevano in quella zona.
3. Consigli del mese e letture recenti
Eredi della sconfitta di Kiran Desai (The Inheritance of Loss), su cui vi lascio il punto di vista della traduttrice italiana. Siamo in West Bengal, non proprio una zona comune dove ambientare un romanzo. Si parla di tante cose: migrazioni, rivoluzioni, marxismo, capitalismo, amore, classe, casta, India e Nepal. Inizia durante il monsone e mi ricordo che lo avevo letto io stessa durante un monsone, proprio in Nepal, e avevo pensato: se non lo avessi davanti ora, sto monsone, lo riuscirei a immaginare comunque perfettamente per come è descritto qui.
The disappeared di Kim Echlin, che mi sa che non è stato tradotto: ho trovato altri libri in italiano di questa autrice, ma non questo, purtroppo. La storia rimbalza tra il Canada e la Cambogia. Una storia d'amore tra una donna canadese e un musicista cambogiano, rifugiato in Canada, che decide di tornare a Phnom Penh a vedere se ritrova la sua famiglia… e non torna più. Io lo lessi poco dopo la sua uscita, andando proprio in Cambogia. Vi lascio questa recensione del Guardian: io, per conto mio, ho deciso di rileggerlo 15 anni dopo, ora che sono di nuovo qui, e l'ho appena scaricato sul mio lettore.
Ponti di Sharlene Teo, che non parla di ponti né di ingegneria, ma dei Pontianak, i mostri delle leggende malesi, che si presentano sotto forma di bellissime donne che ammaliano gli uomini nella selva: si muove su tre piani temporali — anni 70-80, inizio anni 2000 e 2020 — e racconta la storia di tre donne, legate da amicizie e legami di sangue. Intorno a loro, la Singapore che cambia, la velocità della vita che si fa sempre più vertiginosa, la pressione del performare che si fa sempre più schiacciante, che si sia un'aspirante diva del cinema, una studentessa adolescente o una giovane professionista che ha appena divorziato.
L'ho finito settimana scorsa e a me è piaciuto molto, mi sono trovata a volere bene ad alcuni personaggi e a voler sapere che fine avrebbero fatto. In corner scopro che E/O lo ha tradotto in italiano, come Il Cielo di Singapore.
Ho visto che è un libro che si ama o si odia, da quanto leggo nelle recensioni altrui. A me ha affascinato molto. Vi lascio un pezzo della Asian Review of Books, vedete voi che fare.
4. Consiglio di archivio da Koh Phi Phi, Thailandia
The Beach di Alex Garland, che in italiano è L’Ultima Spiaggia.
Vi lascio questa recensione, in inglese, che spiega anche perché lo sto consigliando: non perché mi piaccia particolarmente, ma perché illustra bene come molti occidentali diventino dei bimbiminkia integrali quando vanno in vacanza in Thailandia.
Se siete stati dei giovinetti con lo zaino, (ri)leggetelo per sentire pena nei confronti dei pori protagonisti superficiali ed egoriferiti, e dei voi stessi di vent’anni fa, se mai siete andati in giro a torso nudo o mezze nude brandendo buckets di intrugli alcolici orrendi, sentendovi molto wild.
Io veramente, non so come facciano i thai a sopportare da decenni questi ragazzini.
E’ vero che gli servono i soldi, ma è anche vero che ad altre longitudini, con lo stesso modo di fare, sti personaggi occidentali, arroganti e irrispettosi dei modi di fare e vivere locali, finirebbero fatti a fettine.
Io sono stata relativamente poco bimbaminkia perché da natavecchia che beve poco da sempre, viaggiante insieme a uno musone germanico che aveva vissuto in Cina, e già detestava questi personaggi da un decennio nel 2008, più i miei a cazziarmi di non essere cogliona quando viaggio, sono stata addestrata bene.
Per fortuna.
Comunque, questa realtà esiste, con le differenze del caso dato che sono passati vent’anni e passa.
Secondo me è una critica interessante e pure avanti per i suoi tempi al turismo di massa e ai danni che può arrecare. E non c’erano ancora nemmeno Instagram e Airbnb.
E comunque, se fa un cazzodifreddo da voi è un modo sostenibile e economico di immaginarvi ai Tropici.
5. Una cosa da guardare
Per fare stare serene le vostre mamme se partite anche voi. Not.
The Serpent, su Netflix. La storia del temibile Charles Sobraj — se non sai chi sia, leggi qui.
Niente, come se Bangkok non avesse già abbastanza lato oscuro da sola, ci mancava solo lui.
La serie racconta la sua storia, e mentre racconta quella, fa anche un bel lavoro nel farci un ritratto di una Bangkok non da cartolina ma molto realistica, pure se nella sua versione anni 70.
Io abitavo in un condominio molto, molto simile a quello che si vede qui, sia per l'architettura che per i modi di socializzare — le feste in piscina, la gente che arriva e non si capisce bene che cazzo faccia per campare, la gente che è in viaggio ed è ingenua da matti perché è troppo concentrata su se stessa e sulle proprie suggestioni e preconcetti, e non abbastanza sintonizzata sul proprio intorno reale; quelli che se ne approfittano di questa sconnessione; gli occidentali residenti che spesso, quasi sempre, solo per il fatto di essere occidentali, sono privilegiati: pagati meglio degli altri, in case migliori degli altri, spesso perché al posto giusto nel momento giusto, non sempre per competenza.
La vita da expat fuori Europa, insomma.
Un giorno vi racconto quanto sia diverso emigrare o espatriare dentro o fuori dall'Europa.
Non ho scelto i due verbi della frase precedente a caso.
Se parlate francese, la TV francese intervistò Sobraj prima del suo arresto, decenni fa. Le interviste si trovano su YouTube. Da un lato gelano il sangue. Dall'altro ti fanno capire esattamente come questa persona seducesse tutto quello che si muoveva, per poi distruggerlo.
Leggendo per scriverne qui ho scoperto che non ero aggiornata: lo pensavo a marcire in carcere a Kathmandu. E invece, è stato rilasciato ed è tornato in Francia. A me uno così fa paura anche da vecchio decrepito. Io ve lo dico.
6. Comunicazioni e arrivederci
Come sempre, se leggi via mail e vuoi rispondermi e dirmi com’è andata, te ne sarò grata. Il mio cuore e la mia motivazione saranno felici se mi lascerai un cuoricino o un commento, se leggi sulla app. Dai, dimmi!
Puoi anche inoltrare questa mail o parlare a tutto il globo terracqueo di quanto ami Catrame, anche.
Se a te, o a qualcuno che conosci, può servire un po’ di Neurolanguage Coaching® per parlare finalmente bene l’inglese, senza il batticuore, e domandolo, sto cuoricino, perché lui non controlli te…
Si ricomincia ad aprile, circa. Sono super felice perché al mio primo giorno di viaggio mi è arrivata una richiesta da Manchester che poi è diventata una cliente-fiore di primavera. Un’altra richiesta mi è arrivata la scorsa settimana. Non può che essere un buon auspicio, per loro e per me, nell'anno del Dragone.
Se ci state pensando, vi lascio qui il link per saperne di più. E’ tutto in inglese perché non lavoro solo con italofoni, ma se avete domande, ovviamente, potete scrivermi in italiano, rispondendo qui o scrivendo a paola(@)flowingenglish.com
Perché niente nuovi clienti per così tanto tempo? Perché finché sono sette fusi più in là e in movimento, dò il mio tempo e attenzione mentre viaggio a chi sta già lavorando con me. La peggiore nomade digitale ever. (Questo perché non sono una ND, non ho la stoffa né la concentrazione. Lo ero quando scrivevo e traducevo. Per il coaching, mi servono più calma e più focus, per darne agli altri)
Se siete indecisi o volete vedere prima che dico quando non leggo libri e invece lavoro, troviamoci su LinkedIn, dove potete leggere un sacco di roba su come funziona tutta la baracca, e perché quello che faccio è diverso da un normale corso d’inglese. Su LinkedIn torno attiva tipo a fine febbraio (la detox dai social per lavoro mi sembra geniale) ma c’è una barcata di roba pubblicata negli ultimi mesi. Ti aspetto lì.
È la prima mail che ricevi? Qui trovi l’archivio di tutte le altre :)
E’ tutto.
Vi mando un abbraccio.
Il prossimo numero sarà Catrame Extra, l'Inserto Infodemico di articoli e podcast, a un certo punto di febbraio.
Tipo un po’ dopo San Valentino.
Grazie di leggermi 💙
A presto!
Ciao Paola! Primo pezzo che leggo e di sicuro non l’ultimo. Quanto spunti interessanti!
Io in India sono stata questa estate per la prima volta e - so che è una frase fatta, rifatta e strarifatta, quasi ribollita - mi è rimasta nel cuore. Spero per te che avrai modo di affrontare presto la bestia nera e visitarla anche tu. Buona vita e buona scrittura.
PS- The serpent: WOW!