Facciamo a capirci, dunque.
Se leggete fino alla fine, c’è il consiglio di un maestro sulla vita.
Dai, proviamo.
Che ci faccio qui? (cit.)
Nel 2011, circa, vivevo a Vienna, era agosto, i miei studenti erano tutti via, ero povera, ero innamorata di uno che era parecchio pignanculoh e faceva un tempo di merda.
E quindi, avevo iniziato questo blog, come cosa bella da fare al chiuso, che poi avevo continuato viaggiando in Sudamerica, e poi andando a vivere a Bangkok, e poi avevo smesso, perché su Facebook mi leggeva più gente che sul blog. Però mi faceva bene averlo. Me lo ricordo.
Nel 2023, vivo a Barcellona, è agosto, i miei clienti sono tutti via, sono povera ma sto lavorando a non esserlo più, sono innamorata di un umano che vorrei nella mia vita anche se non fosse innamorato di me.
C’è il sole, e le golden hour nei paeselli sulla costa dove arrivo in mezz’ora, un’ora di treno, sono la gioia a costo zero che mi tiene viva, sana, ragionevolmente felice.
Rispetto a undici anni fa è molto più dura essere in proprio, anche perché ora lo devi fare sull’internet, un sacco del lavoro, con gli schermi e con i social.
Nel 2011, internet era la mia fuga da una realtà che mi piaceva così così.
Nel 2023, il mondo reale è la fuga da un internet che è ovunque e sempre presente.
Pure troppo.
Pure per una come me, che i social li ha sempre usati come ponte verso il reale.
Ma quindi, perché sta cosa, proprio ora?
Mi serve uno spazio silenzioso, privo di notifiche, di regole e di pretese di utilità.
Negli ultimi tre anni circa, sono diventata una grande lettrice di newsletter, perché che bella la vecchiezza delle mail e di avere tante voci scelte da te e non dagli algoritmi in un posto solo, dico io.
E infatti, per il mio attivismo con Mediterranea Saving Humans Barcellona, ho chiesto di poter essere Quella della Newsletter (il giornalino della scuola, per gli amici)
In questo mondo di lavoro in proprio internettiano fatto di brand identity, lead generation, dovere di produrre, fatturare, mettersi in mostra non per menarsela ma banalmente per fare sapere agli altri che esisti, che cosa fai e come puoi essere utile per loro, che comunque è necessario alla vita,
io volevo anche fare qualcosa di sommamente inutile, di esterno e tangenziale alla società della performance.
O comunque di diversamente utile, per leggere e leggersi e stare insieme, in italiano, che è ormai quasi l’unico aspetto del paese che sento ancora a casa,
dopo 20 anni di vita adulta e 15 passati fuori.
Scrivere di libri, viaggi, podcast, pensieri che includono entrambe le cose, perché mi va.
Scrivere liberamente anche di libri in altre lingue, perché le storie sono una delle ragioni principali dietro il mio multilinguismo.
Così.
Come se fosse ancora il 2005.
Okay, quindi che ci racconti?
Questo è uno spazio per chi respira meglio sui mezzi con le ruote, per chi ama prendere i traghetti e i treni la notte, per chi trova l’altro da sé affascinante e intrigante.
Per chi vede l’Altro come degno di ascolto e spazio, di cui imparare la lingua, perché imparare le lingue è aprirsi strade verso i cuori di chi racconta storie (e siccome non possiamo impararle tutte, ste lingue, comunque viva le traduttrici e i traduttori.)
E’ una newsletter fatta anche per chi non si muove, ma che ha la fortuna di saper lasciarsi portare dalle parole, dalle storie, dal sentirsi lontano anche solo leggendo in un'altra lingua.
E’ uno spazio dove parlo di libri e vita e storie in tutte le forme e di tutte quelle cose che alimentano quella tarantella che è la mia vita interiore.
Logistica al volo
Io non credo che scriverò più di una volta al mese, inizialmente, almeno.
Tipo il primo venerdì del mese, così chi lavora da impiegato è appena stato pagato e ha soldi per comprarsi i libri, e se non ha tempo di venerdì legge nel weekend.
Se cambio frequenza, vi avviso prima.
Ma vediamo se prima ho la costanza di fare sta cosa più di due volte.
Chi può dirlo.
Ma andiamo subito a toccare le corde del cuore
Mario Benedetti era uruguayano.
E ha scritto una delle poesie più belle della mia vita.
Ho visto questa frase per la prima volta su un muro di Buenos Aires nel 2012, scritta da quegli sciroccati di Acción Poetica Argentina, che scrivono poesia a caso sui muri di tutto il paese, e mi aveva fulminato il cuore, le sinapsi.
(Se cliccate sulla foto, vi porta al sito Afiches de la Munda, dell’artista argentina Geraldine Schroeder, in Patagonia a creare bellezza. Se volete comprare stampe, fatelo. I nostri euro, lì, al momento, sono oro. Fidatevi.)
Insomma, quella scritta sui muri mi aveva fatto capire che portare in sé l’allegria, insieme alla goccia di splendore di cui parlava De André era la strada giusta, nonostante tutto.
Difendere l’allegria come una trincea
difenderla dallo scandalo e dalla routine
dalla miseria e dai miserabili
dalle assenze transitorie
e da quelle definitive
difendere l’allegria come un principio
difenderla dallo sbalordimento e dagli incubi
dai neutrali e dai neutroni
dalle dolci infamie
e dalle gravi diagnosi
difendere l’allegria come una bandiera
difenderla dal fulmine e dalla malinconia
dagli ingenui e dalle canaglie
dalla retorica e dagli arresti cardiaci
dalle endemie e dalle accademie
difendere l’allegria come un destino
difenderla dal fuoco e dai pompieri
dai suicidi e dagli omicidi
dalle vacanze e dalla fatica
dall’obbligo di essere allegri
difendere l’allegria come una certezza
difenderla dall’ossido e dal sudiciume
dalla famosa patina del tempo
dalla rugiada e dall’opportunismo
dai prosseneti della risata
difendere l’allegria come un diritto
difenderla da Dio e dall’inverno
dalle maiuscole e dalla morte
dai cognomi e dalle pene
dal caso
e anche dall’allegria
Traduzione di Raffaella Marzano
Se volete sentire la voce di Mario leggere la sua poesia in castellano, potete farlo su Spotify, qui.
Anche basta, dai
Considerato che oggi volevo solo smanettare con Substack, ecco, mi sa che invece è uscito il primo numero.
Lasciatemi cuoricini e commenti se leggete su Substack, rispondetemi se leggete via mail, inoltrate ad altre persone.
Grazie di essere qui.
Io vado a mangiare, che sono le quattro e dovevo farlo un’ora fa.
Ci sentiamo, credo, tra quattro settimane circa.
Benvenuta alla tua newsletter! Ne ricevo poche, scelte, e le leggo tutte. Proprio per quell’idea di cui parli: un luogo che corrisponde a un tempo che qualcuno si è preso, senza altro vincolo o aspettativa. E vale per chi scrive e per chi legge.
Belle riflessioni e bello il fatto di prendere il tempo di condividerle...non vedo già l'ora di leggere la prossima newsletter, che mi godrò probabilmente in vacanza 😉