Buona domenica!
*ACDC: a cazzodicane, detto anche a genitale di canino.
Catrame è tuttora a zonzo per il sud-est asiatico, in Libertà, cercando di andare oltre l'ombra delle guerre passate, com'è il caso del Vietnam, dove mi trovo ora.
Anzi, inizio subito con un link fuori lista in italiano sul Vietnam: un vecchio episodio del podcast Altri Orienti, così vedete dove sono.
E poi in coda vi parlo di Chiang Mai.
Io e l’Omino del Cervello iniziamo la mail sempre a Hanoi, con la velocità nulla del viaggiare che ci contraddistingue.
Meno male che pure Martín è lento e dotato di amore per la flânerie. Se no secondo me questo viaggio più che unirci ci avrebbe spinto alla rottura.
Anche perché adesso ogni sabato lavoro con chi ha voluto ricominciare subitissimo con il language coaching nonostante il fuso, e poi un pomeriggio o due a settimana li passo al computer, a scrivere cose, e a studiare.
In queste ultime due settimane sono pure stata invitata di un podcast francese sui poliglotti (poi vi dirò) e ospite di una community per professori di inglese multilingue, a parlare di come lo stato di flow sia utile e florido per chi sta imparando le lingue.
E ho ovviamente meno tempo di prima per viaggiare veloce come quando viaggi e basta.
Prima o poi vi racconto anche di come sto iniziando ad avere idee di cose da fare per lavorare un po’ anche via dal computer, secondo me anche grazie a (per colpa di?) questa gita.
A proposito della lentezza, mi sono ricordata di questa citazione di Anthony Bourdain, che un paio di cose di viaggi le sapeva:
“The vacation gone wrong in Paris is almost always because people try to do too many things. Most of us are lucky to see Paris once in a lifetime. Please, make the most of it by doing as little as possible. Walk a little. Get lost a bit. Eat. Catch a breakfast buzz. Have a nap. Try and have sex if you can, just not with a mime. Eat again. Lounge around drinking coffee. Maybe read a book. Drink some wine. Eat. Repeat. See? It's easy.”
–Anthony Bourdain
"Le vacanze andate male a Parigi hanno quasi sempre a che vedere col fatto che le persone cercano di fare troppe cose. La maggior parte di noi ha la fortuna di vedere Parigi una sola volta nella vita. Fatevi un favore, approfittatene, facendo il meno possibile. Camminate un po'. Perdetevi un po'. Mangiate. Godetevi la colazione. Fate una pennichella. Cercate di fare sesso, se possibile, ma non con un mimo. Mangiate di nuovo. Oziate bevendo caffè. Magari leggete un libro. Bevete un po' di vino. Mangiate. Ripetete il tutto. Vedete? È facile."
Ecco, pure Anthony era un flâneur, con priorità nella vita simili alle mie: mangiare, camminare, osservare, oziare, leggere.
Ma, torniamo a noi, anzi a te:
ecco la mia selezione casuale del mese di link per distrarti dal Sunday blues.
Primo numero che ricevi? Qui trovi l’archivio :)
Cominciamo.
1. La solita lista di articoli random
Anno bisesto, anno funesto? Magari il 2020 è valso per due, no? Ecco.
Il padre del mio primo amore era nato il 29 febbraio, quindi nella mia mente ha 19 anni. Penso a lui e alla Calabria a ogni 29 febbraio. Comunque. Qui c'è un pezzo in spagnolo che ci parla di come si festeggia questa giornata rarissima in giro per il mondo.
Un documentario sugli hikikomori, e su come, dato che il fenomeno hikikomori ormai perdura da decenni, queste persone stanno iniziando a mancare, per varie ragioni. Lo so che non è un tema allegro. Ma questa cosa del chiudersi dentro rifiutando il mondo esterno per me è così distante dal mio modo di esistere che è un tema che seguo da anni. Mica per lo scalpore. Ma per la viva incomprensione che sento, come tentativo se non di capire, almeno di ascoltare. Il video è disponibile in inglese, spagnolo e portoghese.
Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio che Putinmerda (lo so. Un'opinione pregna di sfumature) cosa che non è il mio caso dai tempi di Anna Politkovskaja (2006) e degli arresti delle Pussy Riot (2012), in questo podcast Anna Zafesova ci racconta chi era l'ennesima vittima illustre (e ben lontana dall'essere perfetta: anche questo viene spiegato molto bene, perché Navalny era un personaggio pieno di ombre, ma io non auguro i gulag in Siberia quasi a nessuno, onestamente. Forse allo stesso Putin, sì) dell'autoritarismo di Vladi, che era già infame da un bel po’ prima della guerra in Ucraina.
Sta cosa di Navalny morto così mi ha colpito quanto Politkosvkaja sparata in testa, in ascensore a casa sua, quando ero una studentessa sbarbata.
Il “grande” leader del paese a quell'epoca era lo stesso di oggi.
Il tempo passa, e non cambia una sega, anzi, sembra peggiorare tutto.
Ogni tanto mi sento sconfortata.
Per questo inizialmente Catrame non cagava il mondo reale.
Ma tiriamo un attimo il fiato e l’attenzione via dalla politica e dalle madonne, e torniamo a una vibe più Frate Indovino. Io questo mese ho scoperto, con mio sommo sbigottimento, che esistono paesi dove il 1 marzo dicono che è già primavera.
Pure se sei che so, in Kazakhistan, e sta nevicando, e vuoi solo bestemmiare (testimonianza diretta di conoscenti.)
Io sono rimasta stupita come la casalinga di Voghera da sta storia. Pare dipenda da se si dà retta alle stelle (nel senso di Margherita Hack, non nel senso di Rob Breszny, anche se gli vogliamo bene pure a lui) o alla meteorologia. Solo io cado dal pero? Ditemi di no. Dai.
Perché era più facile non diventare obesi (o anche solo morbidine, come me) negli anni 80. Si parla di Stati Uniti, quindi quel che c’è qui magari a un lettore italiano sembra abbia senso fino a un certo punto, però alcune cose sono veramente intriganti: tipo che il mio microbiota probabilmente è molto diverso da quello dei miei genitori. Considerate che io sono una che ama cucinare e magnare in giro per il mondo, ma che di microbioti e nutrizione sa relativamente poco, perché le è sempre interessato di più l’aspetto epicureo, culturale e conviviale del mangiare. Se siete seguiti da nutrizionisti, vegani, esperti di fitness e tutto il resto, magari non vi dirà niente di nuovo. Se invece non ne sapete granché, come me, è interessante assai.
E per continuare con la leggerezza (😅) vi lascio pure un podcast in spagnolo, dove lo scrittore di origine libica Hisham Matar parla di relatività del valore della vita a seconda della propria provenienza, di ciò che sta accadendo a Gaza, dell'esilio — ma anche di amicizia e lealtà, in occasione della traduzione spagnola del suo ultimo libro, My Friends, che racconta le vite di tre uomini libici a Londra, iniziando nel 1984, l’anno in cui a Londra, dall’ambasciata libica, erano partiti colpi di arma da fuoco su una folla di dimostranti disarmati.
Carosello capitalista dalla repubblica socialista coi negozi di Vuitton
[Saltate pure se già parlate da dio, o anche se no, ma avete comunque cazzimma in avanzo e andate avanti come rulli compressori]
Il non saper parlare bene l’inglese è un tuo cruccio esistenziale da decenni (cit.), o lo è per qualcuno a cui tieni?
Sto organizzando i posti di language coaching con me per fine Aprile.
Quando arriva gente da Catrame, sono sempre felice: è gente con cui ho più cose a che spartire. Quindi, ve lo ricordo.
Tête-à-tête, tu ed io, lavoreremo al tuo inglese. Sarai tu a decidere cosa fare, come e per quanto, col mio aiuto.
Parliamo? — ti lascio il link per saperne di più. Puoi anche rispondere a questa mail, o ancora meglio, scrivere a paola(@)flowingenglish.com, così il tuo messaggio non si perde nel marasma. E’ successo proprio il mese scorso, e mi hanno riacciuffata su LinkedIn.
Ah, e dato che avete chiesto: non faccio coaching di spagnolo, amiguis, purtroppo. Lo parlo, e bene, ma l’ho letteralmente imparato per strada. Non lo saprei trasmettere ad altre persone, e ho un accento che è principalmente argentino ma con un lessico (inconsapevole) raccattato in un anno di Sudamerica itinerante e sette di Barcellona. Un ibrido zozzissimo, ininsegnabile 💜
Avevo già consigliato un libro di Mónica Ojeda già tradotto in italiano nel mio numero sul gotico latino. Ora è uscito in spagnolo un suo nuovo romanzo, che non ho ancora letto, ma con un titolo che personalmente mi ha già col libro in mano in biblioteca, appena torno in Spagna. Lo racconta in questo podcast: si parla della carica rivoluzionaria dei corpi in festa; della violenza dell'Ecuador; della difficoltà dell'esistere come migrante senza documenti in Europa; nuovamente del trauma ereditato e di cosa farne, della famiglia che può essere rifugio e gabbia, del privilegio dell'aver tempo di contemplazione. Mille cose, in 30 minuti.
Se parlate spagnolo, merita (e ricordate sempre che con qualunque lingua, i podcast possono essere suonati a 0.9 e non serve capire tutto tutto, è un lavoro lento e progressivo, capire una lingua nuova, e se il tema vi interessa… tanto meglio. datevi una chance e fate amicizia con l’ambiguità.)
Perché nei centri commerciali (ma pure al casinò, e in genere nemmeno nei super, anche se io nelle Esselunga della mia infanzia milanese mi ricordo degli orologi a muro) non ci sono orologi: più tempo si passa in un centro commerciale, più è probabile che si facciano acquisti emotivi, ignorando completamente la parte cognitiva del cervello. Dopo 23 minuti, si è fuori controllo. Leggete tutto di come l’architettura di un luogo, a volte, può letteralmente essere pensata per spillarvi soldi dalle tasche. Anche il fatto che suonino Careless Whisper e non Barbie Girl alla radio ha a che fare con il vendere meglio. Pezzo intrigante. E inquietante.
Siccome ho già parlato di politica due volte oggi e io invece vorrei vivere sotto un banano senza pensare, chiudo con una cosa molto pratica: probabilmente usate troppo detergente quando fate il bucato, e anche, fate lavaggi inutilmente lunghi. Suor Germana, scansati, e vai a discutere con Frate Indovino, e con la signora dell’Omino Bianco. Di candeggi.
(Comunque io pensavo di usare poco detergente e pare che sia comunque troppo. Voi?)
2. Chiang Mai is a punk rocker
Perché il numero scorso Bangkok aveva preso tutto il posto. A gomitate
C'è Chiang Mai, che è la seconda città del paese e che come spesso capita fa gne gne gne alla capitale.
In realtà è una specie di paesotto, ma quello che la rende interessante è che, siccome costa meno viverci, c'è più spazio per il disordine, per l'inutile che poi inutile non è, per il fiore che esce dalla crepa del muro. Per il graffito, per avere una sezione locale di Food Not Bombs, per le feste drum’n’bass.
Per avere spirito critico, rispetto a Bangkok, più vicina al re e ai centri del potere.
Per sapere chi è Manu Chao, ascoltarlo, e citarlo (qui siamo due barcellonesi di adozione come Manu, come non potevamo illuminarci?)
Per ospitare una enorme diaspora birmana, perché nuovamente siamo vicini al confine. Perché mentre ero a Bangkok il governo militare birmano ha decretato la coscrizione obbligatoria dai 18 ai 45 per i maschi e dai 18 ai 35 per le femmine. Stanno arrivando notizie sempre più gravi di persone che stanno subendo tutte e tutti, in massa, abusi così terribili che non ve li voglio ripetere qui.
La popolazione birmana di qui è diversa da quella nel sud della Thailandia: a Chiang Mai arriva chi faceva politica, chi lavorava nelle ONG, e porta qui con sé quello spirito combattente. Anche molti occidentali che vivono qui sono arrivati sull’onda dell’esilio birmano, con il proprio lavoro di cooperante, giornalista, fotografo, logista, chi più ne ha più ne metta.
Chiang Mai è artistica, alternativa, creativa, e trabocca di abiti stupendi.
Vi dico solo che è finita con un pacco di 5kg di roba spedito verso Barcellona, via terra.
Chissà se arriveremo prima noi o lui?
Chiang Mai è low rise e slow life: edifici bassi e nessuno in giro fino alle undici del mattino. E’ una città lenta e pigra. Non so se ci vivrei sempre, ma mi piace. Sicuramente è adatta al mio bioritmo notturno.
La mia amica alterna tra Chiang Mai e Bangkok e io lo capisco bene, il suo volere yin e yang insieme.
Arrivare nel caos di Hanoi è stato, per me, abbastanza uno shock, ma mi sono abituata in fretta.
Il fatto che sia iperaffascinante, Hanoi, è dimostrato dal fatto che le voglia bene nonostante ogni volta che vengo trovo o il monsone o un grigiore tale che sto già cantando c’avete solo la nebbia.
E infatti, siamo ancora qua. In felpa.
In Vietnam sto mangiando letteralmente con un euro o due a pasto: grazie quindi a Cristiano F., a Simona P. e a Isabella D. per i litri di phở che hanno finanziato.
Grazie davvero: non solo per le phở, ma perché vuol dire che Catrame vi parla, e che il tempo che impiego a compilare il mio astrolabio di consigli non è tutto buttato.
Se mi rispondete dicendomi se vi è piaciuta la mail, sarà un piacere leggervi. Se leggete sulla app, e mettete un cuore o mi dite qualcosa nei commenti, il mio cuore reale ne sarà gratificato e vi ringrazio.
Vi lascio anche il mio LinkedIn: apprendimento linguistico, discorsi con i propri mostri interiori, multilinguismo, intercultura e meme cretini quasi ogni venerdì. Un po’ di colore nel mondo vaniglia di LinkedIn, che se no, rega’, è dura. Su Instagram sono @migrabonda, ma lo uso di più come lettrice. Quando non sono su Substack.
Grazie di leggermi e di nutrirmi pure🍜
Ci vediamo a inizio aprile.
Dal Vietnam, o dalla Cambogia (chi può dirlo?)
Paola
Ho adorato questo: mangiare, camminare, osservare, oziare, leggere. È la mia vita. E la tua immagino. Aggiungerei un scrivere e bere e sicuramente Anthony sarebbe stato d’accordo